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Un’economia di comunità solidale è possibile

di Andrea Aufieri, 18 Maggio 2022
Tempo di lettura: 15 minuti
Un’economia di comunità solidale è possibile

Nel 1994, in Emilia Romagna, nel comune di Fidenza (Parma) nascono i primi Gas, Gruppi di acquisto solidali organizzati spontaneamente per offrire una modalità di acquisto secondo una visione collettiva, ripensando i concetti di produzione e consumo.

Sempre nel 1994, un ragazzino di 11 anni esordisce su un palcoscenico internazionale, a Stoccolma, per una conferenza sul lavoro in cui racconta la sua storia. Iqbal Masih è costretto dal padre a lavorare fin dai 4 anni in una fornace. Poi viene venduto a un produttore dei celebri tappeti del suo Paese.

Deve lavorare incatenato al telaio e senza un nutrimento adeguato. A 9 anni riesce a partecipare a una manifestazione per le condizioni dei lavoratori, ma al ritorno in fabbrica è picchiato e costretto ad andare via. Comincia a studiare e a impegnarsi contro lo sfruttamento minorile. A dicembre del 1994 ottiene il premio Youth in Action, creato apposta per lui. La pressione mediatica sul Pakistan diviene tale che il governo deve chiudere molte fabbriche, liberando migliaia di bambini.

Iqbal ritiene che questo sia solo il primo passo per i diritti degli sfruttati. Vorrebbe proseguire la sua lotta per i diritti dell’infanzia, per la scolarizzazione e lo studio, ma non può. Il 16 aprile del 1995, a 12 anni, qualcuno lo uccide sparandogli alla schiena, mentre attraversa in bicicletta la sua città, Muridke.

Iqbal Masih diventa un simbolo ed entra nell’immaginario collettivo. In Italia gli dedicano strade, piazze, associazioni, scuole. Tra queste ultime c’è una scuola e nido d’infanzia di Reggio Emilia, che come tutte le scuole emiliane ha un metodo inclusivo e offre laboratori ed esperienze anche ai genitori. Nel 2009, alcuni di loro sono ispirati proprio da un percorso sul consumo critico e decidono di formare il gruppo di acquisto solidale “Iqbal Masih”, attivo ancora oggi.

Roberto Cardarelli, che si definisce “un matematico prestato all’informatica”, era tra quei genitori e continua a essere tra gli animatori del Gas. Non si può raccontare la nascita del Gas “Iqbal Masih” se non si comprende che settant’anni fa le scuole per l’infanzia in Emilia Romagna nascevano soprattutto per iniziativa dei genitori. Erano loro che ponevano le prime pietre ed erano loro a organizzare spazi, tempi e attività di supporto alla didattica.

Il racconto di Roberto comincia da lì: “Nel 2009 mia figlia aveva 5 anni e frequentava la scuola per l’infanzia ‘Iqbal Masih’. Come in altre realtà, anche da noi i genitori che facevano parte della gestione, proponevano dei percorsi partecipativi. Quando abbiamo deciso di affrontare il tema della sostenibilità, abbiamo organizzato anche un incontro con i partecipanti a un Gas di Modena”.

Dei tanti appuntamenti, è proprio quello che fa accendere qualcosa nell’animo di Roberto e della sua famiglia, come per altre famiglie della stessa scuola: “Abbiamo cominciato a riflettere con quattro gruppi famigliari. Si è acceso qualcosa dentro e abbiamo deciso di non cercare dei Gas ai quali iscriverci, ma di crearne uno da zero. In questo modo siamo entrati in relazione con altri gruppi della città e abbiamo conosciuto i primi produttori che lavoravano con quei gruppi, ma dopo siamo andati a cercare anche altri produttori a seconda delle esigenze.

Entro il primo anno eravamo diventati dieci nuclei familiari. Abbiamo voluto dare al Gas lo stesso nome della scuola, ‘Iqbal Masih’, per creare una relazione con questa; perché l’esperienza di Iqbal è un richiamo ai valori che ci animano. Inoltre volevamo continuare a proporre l’esperienza dei Gas e del consumo critico nella nostra scuola e anche in altri istituti, proponendo formazione e informazione. Volevamo sottolineare l’importanza della “s” dei Gas. Abbiamo voluto parlare di finanza etica, di agricoltura biologica, di sostenibilità e di tutto quello che è connesso all’economia solidale ”.

La sostenibilità, umana e ambientale, è al centro del Gas “Iqbal Masih”: “In questo contesto, abbiamo ragionato sull’esigenza di avere accesso a un cibo sano, ma prodotto in una determinata maniera, con l’attenzione al processo di produzione, l’attenzione all’ambiente, ma anche al rispetto del lavoro di tutti e al giusto prezzo. Tutto ciò si sintetizza nelle cosiddette “Tre P”, il prodotto, la produzione, il progetto”.

E nel progetto si inserisce anche l’importanza di tessere relazioni, tendenza quasi naturale in questo territorio: “Qui c’è la volontà di costituire delle relazioni, di mettersi in rete e collaborare a un livello paritario. Il mondo della cooperazione ha avuto terreno fertile. L’incontro è al centro dei Gas. Amiamo molto conoscere di persona i produttori, organizzare delle visite per vedere come funziona la filiera, anche con finalità didattiche per i bambini e i ragazzi. Uno dei primi produttori che abbiamo contattato è il nostro attuale fornitore di Parmigiano Reggiano, che produce il suo formaggio biologico dalla famosa e antica razza autoctona delle vacche rosse.

Quando siamo andati a visitarlo in azienda, abbiamo imparato tante cose, che ci sono piaciute molto. Ci ha mostrato come tiene le vacche libere, il fatto che cura le siepi per difendere le piante coltivate in modo non intensivo e biologico, e tutte le sue voci di costo per arrivare a concordare insieme il giusto prezzo, in modo che anche lui potesse avere il suo margine per continuare a fare bene il suo lavoro”.

Il Gas “Iqbal Masih” non intende la relazione come un semplice rapporto tra esercente e acquirente. Il Gas sostiene i progetti in linea con i propri valori, arrivando anche a sostenerne la co-produzione: “Un membro del nostro Gas aveva una piccola azienda di famiglia e si è messo a coltivare grani antichi, dai quali voleva produrre farina. Durante uno dei nostri incontri periodici ce ne ha parlato e ci ha detto che gli sarebbe piaciuto acquistare un piccolo mulino in pietra e che ne aveva individuato uno in Austria. Come Gas abbiamo deciso di sostenerlo e di pre-finanziarlo.

Ciascuno di noi ha versato una quota libera e in cambio ha ricevuto negli anni successivi la farina prodotta col mulino acquistato. Per la prima molitura del grano ci siamo tutti trovati nell’azienda del nostro gasista per assistere all’evento. È stata una bella festa. Seguire tutto questo progetto è stata anche un’occasione di formazione sul mondo delle farine”.

Oggi il Gas “Iqbal Masih” conta circa quaranta iscrizioni, anche se le famiglie attive costantemente sono la metà. Roberto Cardarelli spiega che il tempo e il numero degli iscritti sono i due fattori critici per la sopravvivenza di un Gas: “Bisogna trovare e conoscere i produttori di cui abbiamo bisogno e che rispettino i nostri parametri. Un’avventura meravigliosa è stata quella di trovare fornitori di pesce, per esempio.

Si tratta di una rete di piccoli pescatori di Termoli che ogni due settimane ci permette di ricevere il pesce pescato la notte prima. Per trovarla abbiamo impiegato molto tempo, vivendo in piena pianura padana, ma oltre a questo abbiamo organizzato un incontro online per farla conoscere a tutti e poi stabilito un prezzo. Occorre tempo anche per svolgere il proprio compito nel Gas. Soprattutto il ruolo di contabile, ma poi ci sono i responsabili per le varie aree. E noi abbiamo anche un problema di spazio. I prodotti che ci vengono consegnati arrivano nel mio box e gli altri gasisti devono venire a recuperarli per tempo. Bisogna mantenere tutto in equilibrio e il primo modo per fallire è quello di crescere troppo”.

La rete dei Gas è una bella risposta sociale ai modelli di produzione del mercato globale. Piccolo è bello, insomma. Ma questo sistema è economicamente sostenibile per tutti, o vi accede solo chi se lo può permettere? “La risposta qui è molto variegata ed è una delle criticità di questo sistema. Noi abbiamo una visione anche politica, per questo facciamo in modo che chi è in difficoltà possa comunque continuare ad avere accesso a uno stile di vita sano”.

Azienda Agricola Paolo Rota di Reggio Emilia

L’Agenzia europea per l’Ambiente (AEA), d’accordo con i rapporti dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), ha pubblicato uno studio dal titolo “Crescita senza crescita economica”, in cui evidenzia come l’economia circolare sia impossibile quando questa si basa sulla crescita economica tradizionale, cioè sullo sfruttamento e sullo spreco di risorse. La necessità di modelli differenti fa crescere l’attenzione verso forme di economia alternative e sostenibili come i Gas.

Anche i Gas, però, hanno un limite alla loro crescita, come ha spiegato Cardarelli. Quale futuro è possibile ipotizzare per un’economia solidale e socioecologica? “Esistono realtà che si pongono questa domanda e provano ad affrontarla mettendosi in rete. Un esempio è quello del Creser, il coordinamento per l’economia solidale in Emilia Romagna, ma anche Banca Etica e Mag6, che affrontano le tematiche della finanza in un’ottica di mutualità”.

E per quanto riguarda l’evoluzione dei Gas e delle loro istanze? “Sempre in una visione politica e programmatica, il mio sogno sarebbe quello di far funzionare i Gas sul modello delle Food Coop americane. Ancora una volta è stata l’Emilia Romagna con l’esperienza di “Camilla” a cominciare. Si tratta di piccoli empori di comunità autogestiti da chi li frequenta, che in questo modo si occupa della fornitura, della distribuzione e della vendita dei prodotti secondo criteri di economia sostenibile e solidale. Si diventa soci e si supporta economicamente la Food Coop. Ma a tutto questo si devono aggiungere meccanismi mutualistici che permettano l’accesso anche alle persone in difficoltà”.

In questa direzione lavora anche la legislazione regionale, ma il mercato globale è ancora affetto da gigantismo. Si riuscirà a rimediare in tempo utile?

Foto © Stefano Marzoli presso l’Azienda Agricola Paolo Rota di Reggio Emilia

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